Superheroes invasion!

Beato quel popolo che non ha bisogno di (super)eroi” verrebbe da pensare, parafrasando Brecht, considerata la moltitudine di trasposizioni cinematografiche recentemente prodotte e attualmente in produzione di storie di supereroi sul grande schermo.

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Dall’inizio del nuovo millennio, gli adattamenti cinematografici delle trame supereroistiche provenienti dai fumetti sono infatti aumentate in maniera esponenziale, sebbene tale pratica non costituisca affatto una novità. Essa nasce già negli anni ’40, periodo durante il quale venne realizzata la prima serie animata dedicata a Superman, e per quanto non costituisca una novità assoluta, mai come di questi tempi i personaggi degli albi hanno popolato gli schermi cinematografici.

Prima del film dedicato al supereroe di Metropolis, Superman di Richard Donner (1978), vennero realizzati esclusivamente prodotti seriali a basso costo, prima per il cinema e poi per la televisione. Il film con Cristopher Reeve, la prima grande produzione nel suo genere, riscosse un enorme successo di pubblico e critica, e può essere considerato a tutti gli effetti il padre dei film di supereroi. Il trionfo della pellicola portò alla realizzazione di tre seguiti, che però non riuscirono a bissare il successo del primo capitolo della saga.

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Passando per i due Batman “burtoniani” – Batman [id., Tim Burton, 1989] e Batman – Il Ritorno [Batman Returns, Tim Burton, 1992] – e quelli, meno fortunati, di Joel Schumacher – Batman Forever [id., Joel Schumacher, 1995] e Batman & Robin [id., Joel Schumacher, 1997] – qualche successo insperato – Il Corvo [The Crow, Alex Proyas, 1994] e Blade [id., Stephen Norrington, 1998] – e qualche clamoroso fiasco – Captain America [id., Albert Pyun, 1990] e The Fantastic Four [id., Oley Sassone, 1994] – si è poi arrivati a quelli che, a tutti gli effetti, possiamo considerare i due film inaugurali della “Golden Age” dei cinecomics: X-Men [id., 2000] di Bryan Singer e Spiderman [id., 2001] di Sam Raimi.

Grazie al successo di queste due pellicole, e dei loro seguiti (X-Men 2 [X2, Bryan Singer, 2003]; X-Men – Conflitto Finale [X-Men – The Last Stand, Brett Ratner, 2006]; X-Men: Le Origini – Wolverine [X-Men Origins: Wolverine, Gavin Hood, 2009]; X-Men – L’Inizio [X-Men: First Class, Matthew Vaughn, 2011]; Spiderman 2 [id., Sam Raimi, 2004]; Spiderman 3 [id., Sam Raimi, 2007]), gli studios hollywoodiani hanno iniziato a sfornare in quantità sempre maggiore prodotti cinematografici analoghi, attingendo da un universo su carta che offre un serbatoio pressoché infinito di storie e personaggi.

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Una delle principali ragioni per cui una simile intensificazione nello sfruttamento dei personaggi degli albi ha avuto luogo è che solo negli ultimi tempi la computer grafica ha raggiunto un livello di perfezionamento tale da poter ricreare l’universo fumettistico in maniera convincente anche sul grande schermo. Solamente grazie alla nascita di tecniche quali la motion capture, la performance capture e il green screen si è infatti riusciti a ricreare situazioni, ambientazioni e personaggi pressoché irrealizzabili fino a qualche anno fa.

Nonostante alcuni la ritengano una semplice coincidenza, il fatto che la moda dei cinecomics sia scoppiata in seguito all’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre 2001 è sicuramente un elemento di cui tenere conto. Sebbene i fumetti esistano da moltissimi anni, sembra infatti che i film ad essi ispirati siano arrivati nel posto giusto al momento giusto. In un periodo storico così delicato, un eroe come Spiderman, che salva la città di New York dai criminali, assume infatti valenze che vanno ben al di là del semplice film d’azione.

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Se da un lato la minaccia della metropoli è uno dei punti di partenza delle storie di questi film – dove, come scrive Federico Pagello nel suo Grattacieli e superuomini (Le Mani, 2010) “lo spettacolo del disastro deve dispiegarsi in una misura tale da mettere effettivamente in pericolo l’universo diegeticodall’altro il supereroe di turno diventa il simbolo dell’ordine, della sicurezza e della speranza, che riesce infine a sbrogliare le situazioni più disperate. Tuttavia, “la catastrofe non deve mai provocare conseguenze irreversibili né assumere lo statuto di un trauma “reale”: la minaccia, lasciata a livello solamente sintomatico, viene sempre risolta dal supereroe che, oltre a salvare l’universo diegetico, rassicura dunque anche lo spettatore.

Il filone dei cinecomics si inserisce inoltre perfettamente nella Hollywood degli anni 2000, fortemente caratterizzata dall’abbondanza di testi “secondari” come i sequel e i remake. Per dirla con Roy Menarini, questo tipo di sistema “riguarda soprattutto la New Hollywood riorganizzata degli anni ottanta e novanta. Meno affollata di oggi, la costellazione dei testi “secondari” di quel periodo appariva in ogni caso molto ricca […] ma non ancora così frequente e quotidiana da suscitare l’indifferenza che ormai produce di questi tempi. Quello che Hollywood sta cercando di fare, oggi più che in passato, è appunto “controbattere altri sistemi domestici di serializzazione, imitando ciò che di più attraente possiedono, ovvero la capacità di costruire mondi narrativi “affiancati” a quelli dell’esistenza quotidiana. (Roy Menarini, Il cinema dopo il cinema, Le Mani, 2010)

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L’universo supereroistico riesce quindi ad inserirsi in tali meccanismi di rappresentazione in quanto caratterizzato da una struttura seriale già radicata e ben più complessa di quella cinematografica, ovvero quella fumettistica. Fino a pochi anni fa, il cinema non era in grado di avvicinarsi nemmeno lontanamente alla complessità della serializzazione televisiva, né tantomeno di quella del fumetto, e ha infatti da sempre puntato sulla “nobilitazione” della stessa. Negli ultimi tempi, invece, appoggiandosi ad un background già consolidato come quello dei fumetti, il cinema sta iniziando a trasportare sul grande schermo la ricchezza di tale universo, creando un tipo di serialità cinematografica mai vista prima.

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