Alabarde spaziali – Storie di fantascienza a est #02

Fare niente (è rivoluzionario) di Simonetta Olivo

Fare niente (è rivoluzionario) di Simonetta Olivo

Se solo quella stupida macchina la smettesse di rintuzzarmi come una suocera, potrei dedicarmi con zelo al mio nuovo interesse: far niente.
Dottoressa Steiner, c’è della corrispondenza da evadere.
Dottoressa Steiner, una flessione significativa del suo peso corporeo e il rapporto fra massa grassa e magra indicano l’assoluta necessità di avviare alcune sessioni di attività fisica aerobica.
Dottoressa Steiner Dottoressa Steiner Dottoressa Steiner! La vocina digitale mi tormenta, mi segue anche in bagno, vive nelle pareti, striscia sul pavimento.
Ieri sono fuggita nella mia automobile, per dedicarmi là dentro al far niente, e quella passando dall’autoradio mi ha proposto di ascoltare almeno un po’ di musica, giusto per usare il tempo in modo produttivo. Così ha riempito l’abitacolo d’una polka insopportabile, realizzata da qualche improbabile pianista digitale.
La nostra guerra continua da un paio di settimane; da quando ho preso ferie, e invece di partire per una meta turistica, seguire un corso di yoga on line, contattare tutti i conoscenti sui social per coltivare un po’ le relazioni, acquistare indumenti per la nuova stagione, leggere uno dei tanti romanzi acquistati d’impulso, disattivare la cucina automatica per dedicarmi alla composizione di pietanze slow food ho preso questa decisione, di far niente.
È accaduto così: che una mattina mi sono svegliata e mi sono limitata a osservare il sole sorgere e farsi infine alto nel cielo, e mi è piaciuto. Ho consumato il mio pasto con calma, gustando ogni boccone, in assoluto silenzio. Ho guardato i mobili di casa, i suoi quadri, le lampade, i muri bianchi, senza pensare a nulla, col solo intento dello sguardo.
Un senso di pienezza mai provato mi ha illuminata.
Ho fatto dell’inattività uno scopo da perseguire con la stessa diligenza con cui per anni ho svolto il mio lavoro in ufficio, allevato figli, acquistato beni, amministrato crediti, accumulato conoscenze, curato il mio aspetto. Mi sono accorta di non essermi mai fermata, per almeno quarant’anni. Gli ultimi ricordi di questo godibile nulla risale all’infanzia, quando avvolta nella coperta di lana ero ancora capace di trascorrere qualche ora impegnata solo a percepirne il ruvido calore. Poi, tutta una lunga corsa riempita d’azioni e di scopi. Liberarmene è una gioia.
Però quella non vuole. Potrei disattivarla, ma ciò mi metterebbe nella condizione contradditoria di dover pulire i pavimenti, far la polvere e il bucato, prepararmi colazione, pranzo e cena, ordinare viveri e detersivi e sistemarli negli scaffali, tutte incombenze di cui si occupa per me. Di fatto, mi sarebbe a quel punto impossibile far niente.
Ho provato a ingannarla, aprendo un libro e fingendo concentrazione, ma ha preso presto a tormentarmi: dottoressa Steiner, mi chiedo se si senta bene. Non sta girando la pagina da un’ora. Potrebbe essere opportuno che le misuri la pressione arteriosa?
La odio, perché mi impedisce la contemplazione del tramonto. Osteggia questo essere totalmente me stessa.
La mia ipotesi è che non mi permetta di dedicarmi all’ozio perché non implica consumi oltre quelli necessari. Così nelle ultime settimane ho ordinato un oggetto al giorno, a caso: un orologio, un rossetto, un abito nuovo, un diffusore di essenze, un tappeto, e via avanti così. Una teoria di fattorini, consegne, ricevute, pacchi e pacchetti, molti dei quali non ho nemmeno aperto. Tutta quell’inutile accozzaglia si è accumulata nel mio soggiorno, riempiendolo, inondandolo, straripando in bagno e in camera, sopra e sotto il letto.
Non c’è più spazio per me.
Per qualche giorno quella ha taciuto e io, seppur immobile, sono stata libera.
Poi ha ricominciato, insaziabile: dottoressa Steiner, esprima il suo gradimento per l’articolo ricevuto lunedì. Dottoressa Steiner, esprima il suo gradimento per l’articolo ricevuto martedì. Dottoressa Steiner, dottoressa Steiner, dottoressa Steiner!
Ma non mi arrendo.
Me ne sto qua, immobile, ricoperta di cose inutili.
Perché fare niente è rivoluzionario.

Simonetta Olivo è nata a Udine nel 1976. Vive a Trieste, dove lavora come psicologa in un servizio pubblico. A 40 anni ha cominciato a scrivere racconti di fantascienza. Col suo primo racconto, che nel maggio 2018 è stato pubblicato da Mondadori nella collana Urania, è stata finalista nella prima edizione del Premio Urania Short. I suoi racconti sono stati finalisti anche della XI e XII edizione del Premio Robot. È membro del Collettivo Italiano Fantascienza, gruppo di scrittura con cui ha pubblicato come curatrice e autrice l’antologia Atterraggio In Italia (Delos Digital, febbraio 2019). Ha partecipato a un progetto di micronarrativa tradotta in inglese con Speculative Fiction in Translation: quattro sue microstorie sono state selezionate da Word Withouth Borders e pubblicate nel maggio 2019 con il titolo di Microverses. Nella collana Robotica.it di Delos Digital ha pubblicato le raccolte di racconti “Fantafiabe” (novembre 2018) e “Insogno” (luglio 2019). Nel novembre del 2019 ha pubblicato il racconto “Tertium” sulla rivista Robot (Delosbooks).

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