L’astronauta Umberto Guidoni inaugura la 18ª edizione del Trieste Science+Fiction Festival

Sarà un vero uomo delle stelle a inaugurare la 18° edizione del Trieste Science+Fiction Festival!

Appuntamento martedì 30 ottobre alle ore 20.00 presso il Politeama Rossetti con la cerimonia di inaugurazione del Trieste Science+Fiction Festival, che per i suoi primi 18 anni avrà un padrino d’eccezione: l’astronauta Umberto Guidoni, che introdurrà “First Man – Il primo uomo” del premio Oscar Damien Chazelle (già acclamato regista di “Whiplash” e “La La Land”), film di apertura della kermesse. La mattina di mercoledì 31 ottobre l’astronauta incontrerà inoltre il pubblico del Trieste Science+Fiction Festival presso il Caffè Rossetti.

Nato nel 1954 a Roma dove si è laureato con lode in Fisica con specializzazione in Astrofisica presso l’università La Sapienza, Guidoni è un autentico pioniere dello spazio: primo europeo a salire a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, ha volato per ben due volte a bordo dello Space Shuttle della NASA.

Ha effettuato il primo volo spaziale nel 1996 a bordo dello Space Shuttle Columbia che portava in orbita il satellite “a filo” italiano, un esperimento di microgravità. La sua seconda esperienza nello spazio risale al 2001, con lo Space Shuttle Endeavour. Durante questo volo ha avuto il privilegio di essere il primo europeo a salire a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Al festival triestino l’astronauta presenterà “First man – Il primo uomo”, nelle sale italiane dal 31 ottobre distribuito da Universal Pictures, con protagonista Ryan Gosling nei panni dell’astronauta Neil Armstrong. Il film narra l’avvincente storia della missione NASA dell’Apollo 11 per portare il primo uomo sulla Luna. Basato sul libro biografico di James R. Hansen, in Italia edito da Rizzoli, il lungometraggio di Chazelle racconta i sacrifici e il costo che avrà per Armstrong e per l’intera nazione una delle missioni più pericolose della storia: “un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità”, citando le celebri parole che l’astronauta americano pronunciò appena sbarcato sul suolo lunare in quel fatidico 20 luglio del 1969.

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