Pupi Avati

Premio Urania d’argento 2002

Regista, scrittore e produttore cinematografico (n. Bologna 1938). Dopo la laurea in scienze politiche all’Università di Bologna e una timida carriera jazzistica, nel 1970 ha debuttato alla regia con Balsamus, l’uomo di Satana, inaugurando quel filone horror-grottesco che lo accompagnerà per tutti gli anni Settanta fino al successo de La casa dalle finestre che ridono (1976), noir padano dai toni cupi e inquietanti.

Nel decennio successivo, ha operato un netto cambio di direzione dedicandosi alla commedia nostalgico-familiare, intrisa di ricordi autobiografici e nostalgie dal forte sapore di provincia. Lo sguardo del regista penetra i sentimenti e la macchina da presa accompagna con mano ferma – a volte indulgente, altre spietata – l’analisi attenta dei legami affettivi, come in Una gita scolastica (1983), vincitore di cinque Nastri d’argento nel 1984, fino a sondare i lati più oscuri in Regalo di Natale (1986), dove racconta, in un perfetto crescendo di suspense, una partita di poker dal sorprendente finale. Nei primi anni del 21° sec., A. riprende i temi a lui più cari, aggiungendo un tocco di amarezza che trasforma i ricordi in amnesie e la nostalgia in rimpianto. Spesso sullo sfondo dell’Emilia di un tempo e dirigendo con maestria una corale di attori a lui fedeli negli anni, le storie raccontate dipanano pulsioni e sentimenti giovanili (Il cuore altrove, 2003; Ma quando arrivano le ragazze?, 2005), meschinità e vizi nascosti dietro la placida vita di provincia (Gli amici del bar Margherita, 2009), mentre il tema dei legami familiari, filo rosso di tutto il suo cinema, viene rivisitato svelando l’ambiguità di figure maschili negative e truffaldine, ma anche poetiche e sognatrici come in La seconda notte di nozze (2005), La cena per farli conoscere (2007), Il papà di Giovanna (2008) e Il figlio più piccolo (2010). Epiloghi e sintesi del suo cinema, tanto nei temi ripresi, quanto nei titoli, sono La rivincita di Natale (2004), seguito della partita di diciotto anni prima con gli stessi protagonisti (e attori), invecchiati e incattiviti, e Una sconfinata giovinezza (2010), rivisitazione dell’amore al tramonto dove anche la senescenza e la malattia sono ritratte con poetica malinconia.

da Treccani

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